Europa, Est e Mediterraneo: sicurezza e sviluppo

Il prossimo 23 ottobre organizziamo a Vicenza il Convegno illustrato nel programma qui accanto. Come potete vedere, cerchiamo di analizzare le instabilità e i focolai di guerra accesi ai nostri confini in un lungo arco da est, al medio oriente, fino alle coste nordafricane, come è da tempo sotto gli occhi di tutti.
In Ucraina, le sanguinose rivolte di piazza Maidan nel febbraio 2014 hanno svelato tensioni sottocenere, che ancor oggi contrappongono una parte della popolazione desiderosa di agganciarsi all’Unione Europea ad un’altra legata alla Russia da ragioni etniche ed economiche. La proposta di un patto di associazione all’Unione è stata avvertita come un passo preliminare al vero e proprio ingresso nonchè al reclutamento fra i Paesi Nato e ha dato fuoco alle polveri. La Russia non ha tardato a capire il disegno e si è affrettata ad annettersi la Crimea e poco dopo a proteggere militarmente le province orientali di Doneck e Lugansk. Gli accordi di Minsk per il cessate il fuoco e l’arretramento delle armi pesanti hanno dato un sollievo provvisorio e solo mascherato il conflitto, che si è aggravato e ha instaurato un clima di “pace fredda” fra est e ovest.
Più a sud, troviamo una serie di Stati che hanno conosciuto insurrezioni e cambiato regime, divenendo ostaggio di bande armate e di governi provvisori, quando ne hanno uno. L’incendio, attizzato dalle primavere arabe del 2011, si è propagato fino ai confini mediorientali e ha oggi il suo focus in un territorio indeterminabile tra Siria ed Iraq, i cui confini tracciati con riga e squadra alla fine della prima guerra mondiale sono saltati da un pezzo. E’ il principale teatro d’azione dell’Isis, il sedicente Stato islamico nato da una autoinvestitura di Al Baghdadi e tenuto in piedi dalle contese tra Paesi sunniti e sciiti che ne sostengono le rispettive frange, con l’evidente obiettivo di mettere le mani sulla più ricca riserva petrolifera del pianeta. Nel medesimo teatro recitano la parte di primattori gli Usa contrapposti a Russia e Cina, mentre la Turchia fa un suo autonomo gioco espansionistico e non perde occasione di usare l’Isis in funzione anti curda. In sostanza l’intera regione è messa a soqquadro dalle scorribande di poche decine di migliaia di tagliagole che si muovono in libertà e trovano i mezzi per i loro massacri, grazie ad un conflitto di dimensioni planetarie, di cui non si vede la fine se non intervengono intese politiche a questo livello.
In questo quadrante, l’Europa non ha finora avuto alcun ruolo. Dovrà averlo per compensare l’evidente e progressivo disimpegno americano nel Mediterraneo, dandosi una politica estera unitaria sostenuta da una forza militare con finalità di peacekeeping. Si sa che, quando si accinge ad una trattativa diplomatica, ogni delegato per prima cosa mette sul tavolo la propria pistola. L’Europa deve procurarsela, organizzando le proprie forze disperse in 28 eserciti ininfluenti e razionalizzando la propria spesa che nel settore è cospicua e pari a poco meno della metà di quella americana. In questo modo avrebbe maggior voce anche in sede Onu e potrebbe sollecitarne l’impegno nel bacino mediterraneo per creare alcune prime aree di stabilizzazione e contenere i flussi migratori, contrastando le organizzazioni criminali che li sfruttano.
La nostra iniziativa può sembrare troppo ambiziosa. In effetti lo è, perché ci mettiamo sulle spalle una problematica immensa che coinvolge i grandi protagonisti della scena mondiale, mentre noi siamo una piccola sezione di un piccolo Movimento. Ma apparteniamo ad un territorio, che ha un fiorente e diversificato apparato economico con relazioni di lunga data con i Paesi mediterranei ed ha fondato proprio su queste le sue fortune. Vicenza è la seconda provincia italiana per capacità di esportazione e guarda con apprensione alle instabilità che abbiamo richiamato. Per questo abbiamo coinvolto la Camera di commercio, che ha subito accolto la nostra proposta e messo a disposizione un relatore che illustrerà l’evoluzione dell’ interscambio commerciale negli ultimi anni.
Ma c’è una seconda ragione per cui ci siamo avventurati in questa iniziativa. La vedete richiamata nella nota di presentazione della nostra sezione, dove diciamo che le problematiche europee chiedono partecipazione dal basso e coinvolgimento dei cittadini. Senza di loro l’Europa non va avanti. Per maturare il necessario senso di appartenenza devono essere meglio informati e formati sulle problematiche che toccano i territori in cui vivono. Questa è un’occasione in più per sperimentare come locale e globale non siano separabili e chiedano un impegno di comprensione, cui anche noi intendiamo contribuire.