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Unione dall’alto o dal basso?


Parlamento Europeo Strasburgo

Mi accingo a scrivere di una delle questioni più spinose del processo di unificazione europeo: è giusto che l’unione politica arrivi dal basso oppure dall’alto? Per un normale cittadino del XXI secolo, probabilmente vissuto da sempre in democrazia, la risposta dovrebbe essere piuttosto ovvia: viste le importanti conseguenze, un’unione politica deve essere dal popolo. Si tratterebbe quindi di indire un referendum in ognuno dei 28 paesi dell’Unione e vedere il risultato. Se diventassimo un solo stato in questo modo sarebbe davvero bello. Un sogno, forse.

Perché dico che sarebbe un sogno che l’Unione venisse dal basso? In realtà, i motivi sono tanti. Innanzitutto, storicamente gli stati federali sono stati creati dalla volontà di pochi uomini. L’esempio che tutti conosciamo è la nascita degli Stati Uniti: i padri fondatori hanno unito paesi piuttosto diversi fra loro, che però dovevano rispondere a una minaccia comune. Gli inglesi, infatti, premevano sulle loro colonie con obblighi commerciali e un’alta tassazione, impedendo lo sviluppo del Nuovo Mondo. Per unire i paesi serviva un notevole sforzo di coordinamento, di cui solo poche persone potevano essere capaci. In questo contesto emersero i padri fondatori, che si resero protagonisti di una delle più grandi operazioni politiche di tutti i tempi. Fu la prima vera indipendenza dalla madrepatria, in un periodo in cui l’imperialismo inglese stava prendendo ulteriore slancio.

Anche la creazione della poca Europa che abbiamo ora la dobbiamo a pochi illuminati: Spinelli, Monnet, Adenauer e molti altri politici italiani, francesi e tedeschi che superarono le differenze culturali per garantire la pace in Europa. Grazie al loro sforzo, stiamo vivendo nel più lungo periodo di pace mai esistito fra i popoli dell’Unione.

C’è un motivo se storicamente le unioni fra stati sono calate dall’alto: l’uomo medio è scarsamente influenzato dagli eventi che accadono all’estero (sebbene ciò stia diventando via via sempre meno vero), e dunque si occupa più del proprio vivere che delle dinamiche internazionali. I politici, invece, fanno il loro mestiere. Mediamente lo fanno anche bene, e quindi è lecito aspettarsi che loro sappiano cosa sia più opportuno per noi. Sicuramente conoscono meglio del cittadino medio le dinamiche internazionali, e quindi è normale che pensino alle soluzioni di un eventuale problema. Dunque non vedrei nulla di male se l’Unione venisse dall’alto; anzi, se poi si rivelasse una scelta vincente (come io credo), sarebbe la prova che ci siamo scelti dei buoni politici.

I referendum, in realtà, sono uno strumento che dimostra o una scarsa fiducia del popolo verso i politici, o un lavarsi le mani di questi ultimi, o entrambe le cose. Ecco perché non vedo necessariamente di buon occhio un referendum; se abbiamo dei politici, significa che demandiamo a loro le decisioni sulla gestione del nostro stato e delle questioni internazionali. Pretendere di voler dire la propria opinione spesso nel corso di un mandato mi sembra un segno di debolezza, oltre che di incoerenza e prepotenza. Certo, un referendum ogni tanto fa bene, anche per coinvolgere la popolazione nella vita democratica, ma lasciamo fare ai politici il proprio mestiere.

Detto questo, io vedrei solo una strada per creare un’Unione dal basso: credo che l’unica possibilità sarebbe indire un referendum in uno zoccolo duro dell’attuale Unione, cercando di includere quei paesi che storicamente si sono dimostrati più interessati a proseguire la strada dell’integrazione. Direi che un buon nucleo da cui partire potrebbe essere composto dai paesi fondatori (Benelux, Germania, Francia e Italia) più magari la Spagna.

In questo momento di forte crisi, però, difficilmente si potrebbe arrivare all’unione politica con un referendum. Al contrario, le crisi hanno spesso accelerato i processi di integrazione dall’alto: i due esempi che ho fatto prima (USA e primo embrione d’Europa, cioè CECA e CEE) sono ottimi anche in questo caso. I politici spesso capiscono prima di noi che una risposta convenzionale ad una grave crisi politica e/o economica non avrebbe alcun effetto sulla comunità di cui fanno parte, e quindi cercano soluzioni alternative. Ecco, credo che all’Unione ora servano proprio questi politici illuminati che abbiano il coraggio di cercare queste soluzioni alternative, invece che affidarsi alle cure (?) dell’austerity. Per ora non vedo nulla di promettente nel panorama politico, ma confido molto nella prossima generazione, cresciuta assieme all’Unione Europea. Sono convinto che vedremo un cambio di passo decisivo fra non molto tempo. Nel frattempo, armiamoci di fiducia e pazienza, e continuiamo a lottare per ciò in cui crediamo.

 
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