Licenze retoriche: le assurde dichiarazioni di Boris Johnson

Secondo il sessantottesimo articolo della Costituzione italiana, ogni parlamentare, in virtù del singolare ruolo esercitato dal medesimo, detiene la possibilità d’esprimersi in maniera straordinariamente libera, ossia non considerando strettamente i limiti che normalmente ciascuno si pone – o dovrebbe porsi – quando articola pubblicamente un discorso: considerare concettualmente tale articolo permette di analizzare attraverso una prospettiva criticamente contenuta – la quale sarà illustrata più avanti – alcune dichiarazioni che l’ex sindaco londinese Boris Johnson ha recentemente rilasciato, affermazioni attraverso le quali il politico britannico ha sostenuto che le mire dell’Unione Europea siano sostanzialmente analoghe alle mire che Adolf Hitler perseguì, dunque asserzioni secondo le quali lo scopo ultimo dell’UE sarebbe costituito dalla creazione di un potente Stato unitario guidato dalla Germania.
Le parole proferite da Boris Johnson hanno istantaneamente scatenato un’ingarbugliata accozzaglia di commenti, polemiche, reazioni sdegnate, slanci pateticamente entusiastici: tra le varie repliche – il primo ministro David Cameron, ad esempio, ha risposto in maniera piuttosto indefinita, mentre il leader dei laburisti Jeremy Corbyn ha liquidato seccamente la questione –, peso particolare assume l’opinione dell’ex ministro laburista Yvette Cooper, la quale ha intelligentemente definito l’intervento di Boris Johnson “un gioco veramente sporco”. Giunti a questo punto, logico è porsi la domanda che segue: perché quanto dichiarato da Yvette Cooper è intelligente? Perché compie quanto esplicitato dal verbo latino che ha originato il termine in questione, ossia il verbo intellĕgo, is, exi, lectum, ĕre, che indica l’atto attraverso il quale si capisce, si comprende, si accoglie pienamente il significato correlato a qualcosa all’interno della propria mente: Yvette Cooper, infatti, fuggendo reazioni esagerate, ha rilevato perfettamente l’artificio del quale Johnson si è servito.
Pervenuti a questa tappa, sorge l’ennesima domanda: quale artificio? Un escamotage non troppo originale, ma capace di coniugare in maniera piuttosto efficace una libertà particolare e una nozione inerente alla Retorica proveniente dalla voce stentorea di un grande uomo del Passato: da un lato, Johnson ha proposto affermazioni esagerate, le stesse affermazioni che tutti i politici, benché consapevoli dell’assurdità che permea le stesse – l’ex sindaco di Londra ha studiato presso le prestigiose scuole di Eton ed Oxford: impossibile immaginare che non sia consapevole dell’improbabilità relativa a quanto ha affermato –, talvolta rilasciano per aumentare la portata mediatica di una certa questione: asserzioni che, in Italia, come evidenziato precedentemente, sono tutelate anche da un articolo della Costituzione; dall’altro, Johnson ha evidentemente prestato ascolto ad uno degli insegnamenti di Cicerone: all’interno delle proprie opere retoriche, infatti, Cicerone tratta delle componenti che rendono efficace un discorso, e tra le stesse annovera il movēre, ossia la capacità di riuscire a suscitare reazioni emozionali nell’uditorio: il politico britannico, sostenitore acceso della Brexit, ha dunque formulato frasi sicuramente dotate delle potenzialità adatte ad aumentare la convinzione di quanti già sostengono l’uscita della Gran Bretagna dall’UE, e adatte anche a generare qualche dubbio – lieve, si spera! – in chi è ancora indeciso rispetto alla questione.
Johnson, quindi, come ha sostenuto Yvette Cooper, ha proposto “un gioco veramente sporco”: sfruttando le licenze retoriche delle quali si avvalgono abitualmente i politici, infatti, ha violentemente sostenuto la propria posizione. Giudizi specificamente correlati al contenuto delle sue dichiarazioni sono dunque inutili: nemmeno Johnson, infatti, crede realmente a quanto ha asserito.